Le poche notizie esistenti rintracciabili nei testi in commercio, collocano la realizzazione della Caserma difensiva di M.te Interrotto, ad opera (o forse su progetto) del gen. PIANNEL, nella seconda metà dell'ottocento e più precisamente attorno al 1883. Tale notizia trova peraltro una prima conferma nella cartografia dell'epoca.
Dall'esame della serie storica delle tavolette IGM (Foglio 37 - Asiago) conservate presso il laboratorio cartografico dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia si è infatti avuto modo di rilevare come nella 1° levata del 1886 immediatamente a sud della cima del Monte Interrotto, viene inequivocabilmente riportata sia la struttura della caserma, con tanto di torri e fossato (affiancata dalla scritta "Forte di M. Interrotto") che la strada di accesso che dal sottostante abitato di Camporovere, inerpicandosi con una serie di tornanti lungo il versante meridionale del Monte Rasta e dell'Interrotto, raggiunge l'omonima struttura militare.
Nelle levate successive (1902 e 1910) e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, per ovvie ragioni di sicurezza, scompaiono dalla cartografia sia l'indicazione del forte che (in quella del 1902) la strada di accesso mentre viene evidenziata unicamente la vecchia mulattiera che dai Büscar sale all'Interrotto e prosegue quindi verso il Monte Mosciagh e la val Galmarara (vedi Documento n. 2 e 3).
Nella levata "con le ricognizioni generali dell'agosto 1910 e parziali al giugno 1918" ritroviamo ancora solo la strada di accesso - ma non la struttura del forte - che si collega poi all'estesa rete viaria realizzata durante il conflitto dall'esercito austroungarico. Solo nel 1927 ricompare nella cartografia ufficiale anche la struttura del forte che viene tuttavia rappresentata con la simbologia tipica dei ruderi affiancata dalla scritta "Rov.ne" (rovine).
LA STRUTTURA
Come evidenzia l'esame della documentazione disponibile, la caserma difensiva di M.te Interrotto, così come la sottostante Tagliata dell'Assa, venne realizzata con l'evidente scopo di controllare e sorvegliare la principale via di collegamento tra l'Altopiano e l'Impero Asburgico (la Val d'Assa) anticipando in tal senso il concetto che circa trent'anni dopo guiderà la realizzazione da parte del Comando Supremo Italiano delle opere corazzate del Verena, Campolongo, Corbin, Lisser (per citare solo i forti dell'Altopiano).
La struttura appare estremamente semplice nella sua impostazione che palesa le concezioni e le teorie sulle fortificazioni (prima ancora che le tecnologie e le tecniche costruttive) proprie del periodo in cui venne ideata e realizzata. Costruita interamente in materiale pietroso, con pianta rettangolare rinforzata diagonalmente da due torri e circondata da un fossato della larghezza di mt. 4 e profondità media di mt. 5, la caserma difensiva appare infatti completamente diversa dalle opere corazzate realizzate sull'Altopiano negli anni immediatamente precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale. E proprio il suo aspetto medioeval - guerresco - come ricordava lo storico vicentino Gianni Pieropan - ha da sempre colpito la fantasia dei sempre numerosi visitatori che lo considerano una sorta di "castello" medioevale: appellativo che compare peraltro in una mappa inglese del settembre 1918 "Intelligence map n. 2., G.H.Q., 18 september 1918"
Come è possibile rilevare dall'iconografia riportata nel documento del 1904 ritrovato presso l'Archivio dell'Istituto Storico dell'Arma del Genio e, soprattutto, dallo schizzo conservato tra i documenti spionistici presso l'Österreichisches Staatsarchiv di Vienna la struttura, che ha dimensioni approssimative di mt. 50 x 35, si sviluppa su due livelli sfalsati di mt. 4 (nord – sud) che si raccordano tra loro in corrispondenza della linea mediana ai due fronti. Il corpo principale si sviluppa su due piani per un’altezza fuori terra (misurata alla gronda a partire dal piano del fossato) di 14,7 mt. mentre le due torri d’angolo raggiungono un’altezza di circa 23.
All'interno si apre un'ampia corte delle dimensioni approssimative di mt. 28 x 17 pavimentata interamente in lastre di pietra che coprono anche la sottostante cisterna d'acqua. In corrispondenza dell'angolo nord - ovest era installata una vasca ed un pozzo per emungere direttamente l'acqua dalla cisterna. Al piano terra, oltre alla guardiola, erano localizzati i principali servizi (cucina, depositi vari, stalle) mentre i locali al piano superiore erano prevalentemente destinati all'alloggio delle truppe.
La copertura della struttura principale, come pure delle due torri, era a due falde con rivestimento e grondaie (verosimilmente) in lamiera. La pendenza delle falde doveva essere estremamente contenuta e comunque non superiore all’8- 9%
La caserma, che i citati documenti austriaci classificano come "casamatta non corazzata" (kasemattiertes Werk ohne Panzer), presentava verso l'esterno solamente piccole feritoie per fucili (245), e altre 10 di maggiori dimensioni per cannoni di piccolo calibro, che risultavano servite da una sorta di corridoio interno che si sviluppava lungo tutta la muratura perimetrale.
Verso il cortile interno, si aprivano invece due livelli di finestre ad arco dotate di serramenti e balconi in legno del tipo "ad anta". Sia le feritoie che le finestre erano contornate con profili in marmo bianco.
Oltre che dal fossato, la caserma era difesa lungo pressoché tutto il suo perimetro da un terrapieno artificiale che, secondo le indicazioni riportate nello schizzo austriaco si elevava dal piano campagna circostante di circa 4 mt.
LE VICENDE BELLICHE
Nelle cronache del Battaglione Alpino "Bassano" si segnala, a partire dal 1903, la presenza quasi ininterrotta, durante la stagione estiva, di una compagnia del Battaglione presso la caserma dell'Interrotto.
Come noto, infatti, l'Altopiano oltre ad essere uno dei serbatoi di reclutamento del Bassano, divenne ben presto uno dei principali luoghi di frequentazione per le truppe in addestramento sia, e soprattutto, durante la stagione estiva che invernale. Oltre alla sede della Caserma Riva, il "Forte" Interrotto divenne così, fino allo scoppio della prima guerra mondiale, sede distaccata di una compagnia del Battaglione (generalmente la 62 a o la 63a).
Allo scoppio della Grande Guerra (24 maggio 1915) il Forte si venne a trovare in posizione notevolmente arretrata rispetto al fronte di combattimento. Solo con lo scatenarsi della così detta Strafe-expedition, nel maggio del 1916, il forte venne investito dall'avanzata delle truppe austroungariche. Occupato il giorno 27 maggio, per tutto il resto del conflitto esso rimase saldamente in mano austriaca divenendo un formidabile punto di osservazione verso le posizioni italiane antistanti.
La cartografia militare italiana del 1917, come pure quelle alleate aggiornate al settembre 1918, riportano infatti inequivocabilmente l'indicazione di "osservatorio" e "riflettore" mentre nelle zone circostanti vengono segnalate alcune batterie d'artiglieria. Ai piedi del forte, poco sopra l'ultimo tornante della strada di accesso, è ancor oggi possibile visitare i resti di una postazione blindata di artiglieria a.u. - con annesso osservatorio - che, originariamente, era collegata alle sovrastanti linee difensive ed al forte da alcune gallerie scavate nella roccia.
Il forte - in senso stretto - non venne al contrario mai armato anche in considerazione della sua posizione troppo esposta al tiro delle artiglierie italiane e delle caratteristiche della sua struttura. E proprio in occasione della offensiva italiana del giugno 1917 (la cosiddetta Battaglia dell'Ortigara) e soprattutto nel corso della battaglia del giugno 1918 (la "battaglia del solstizio") il forte fu ripetutamente centrato dalle artiglierie italiane ed alleate.
Significativo appare a tale riguardo il raffronto tra due foto austriache provenienti dall'Österreichisches Staatsarchiv di Vienna (sicuramente le più interessanti finora rinvenute) che ritraggono il forte presumibilmente nei giorni immediatamente successivi all'occupazione (maggio - giugno 1916) ed alcune foto aeree del settembre 1918.
Nelle prime, infatti, la struttura appare danneggiata solamente in alcuni punti: il torrione nord - ovest e la copertura della porzione occidentale. Per quanto ci è dato di osservare anche il terreno circostante non presenta particolari sconvolgimenti mentre la corte interna appare perfettamente integra. Sulla sommità del torrione nord- ovest si intravede inoltre una mitragliatrice per la difesa da eventuali attacchi aerei.
Nelle foto aeree riprese dai ricognitori francesi del 51° gruppo S.P.A. (appartenete al XII C.d'A. francese) rispettivamente nel maggio 1918 e nei primi giorni del mese di settembre, si evidenzia invece un quadro di grande distruzione. Le aree circostanti appaiono infatti pesantemente sconvolte da tiro dell'artiglieria. Il fossato presenta alcuni crolli lungo il lato sud ed est. La copertura è completamente assente e si intravede chiaramente un crollo di parte della muratura interna (verso il cortile) in corrispondenza dell'angolo nord - ovest. La muratura perimetrale, in particolare lungo il forte sud, appare chiaramente sbrecciata in più punti.
Purtroppo l'altezza (4100 mt) e la distanza dalla quale le foto sono state scattate e lo stato di conservazione delle stesse non consentono di formulare altre e più precise valutazioni dei danni subiti dal forte.
Ci soccorrono tuttavia alcune foto degli anni trenta - tra cui una foto Bonomo riprodotta nel volume "Asiago e l'Altopiano dei sette Comuni" del prof. Giuseppe Aliprandi - ed in particolare le immagini contenute nel film "L'ebbrezza del cielo" realizzato dalla INCOM di S. Pallavicini nel 1939. Il film che, come noto, racconta la storia di un gruppo di amici accomunati dalla passione per il volo, è stato interamente girato sull'Altopiano alla fine degli anni trenta e costituisce - da questo punto di vista - un interessantissimo documentario che ritrae i monti, i pascoli e i paesi della conca centrale dell'Altopiano appena usciti dalla ricostruzione.
Nel racconto il forte di M.te Interrotto, ribattezzato per l'occasione "il castellaccio", diventa la sede della "società del pericolo" ove gli amici si ritrovano per pianificare le loro imprese e da cui il protagonista si alza in volo con il suo aerostato.
Le immagini del forte contenute nel film ci presentano una struttura pesantemente danneggiata soprattutto in corrispondenza del fronte sud e del cortile interno. Il terreno antistante evidenzia ancora i numerosi crateri provocati dallo scoppio delle granate. Si può inoltre rilevare la distruzione di gran parte della muratura interna del fronte nord e della muratura esterna del fronte sud, dei collegamenti verticali come pure l'assenza di tutti gli elementi di arredo e delle suppellettili.
Negli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto infatti il forte venne spogliato dall'esercito prima, e dai recuperanti poi, di tutti i materiali metallici compresi pluviali, grondaie, stipiti e infissi dei serramenti.
D'altro canto il forte, analogamente alle altre opere corazzate presenti sull'Altopiano, aveva perso definitivamente la propria originaria funzione. La ridefinizione dei confini nazionali con cui anche l'Altopiano cessava, dopo secoli, di essere "terra di confine", rendeva del tutto anacronistico un eventuale ripristino della caserma difensiva dell'Interrotto. La struttura venne così definitivamente abbandonata al proprio destino.
Da allora l'incuria del tempo e dell'uomo ne hanno accentuato il degrado al punto da minarne pericolosamente le stesse condizioni statiche.